Onorevoli Colleghi!

Il punto sull'edilizia sociale.

      La lunga e proficua attività degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP), sostenuta nel tempo da diversi strumenti di finanziamento, ha consentito la realizzazione di un notevole patrimonio immobiliare al servizio degli strati più deboli della popolazione.
      Dagli inizi del novecento (la prima legge istitutiva risale al 1903) ad oggi sono stati realizzati moltissimi alloggi e il patrimonio attuale, effettuati i numerosi programmi di vendita in favore degli inquilini, ammonta ancora a circa 1.000.000 di alloggi. Con la continua opera di amministratori, tecnici e imprese sono stati costruiti interi quartieri con centri commerciali, centri sociali, scuole, luoghi di culto.
      Questa intensa attività ha portato alla realizzazione di interventi che oggi sono diventati simbolo architettonico di molte città, ma anche di quartieri periferici abbandonati al più assoluto degrado edilizio e sociale. Sono purtroppo alla ribalta delle cronache indicazioni toponomastiche come Secondigliano a Napoli, via Bianchi a Milano, Laurentino 38 a Roma e l'elenco potrebbe continuare.
      L'esigenza di dare risposte quanto più rapide possibili all'emergenza abitativa ha condotto a realizzare quartieri che oggi appaiono come ghetti dove il degrado edilizio si associa a quello ambientale, favorendo il consolidarsi di sacche di diffusa illegalità. Nel tempo sono stati ideati diversi strumenti per affrontare il problema della ristrutturazione e riqualificazione edilizia e sociale dei quartieri degradati. Dai programmi di recupero urbano ai piani integrati, fino ai contratti di quartiere, i Governi hanno posto attenzione e stanziato fondi in favore del risanamento

 

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e della riqualificazione. Tuttavia è necessaria un'azione più continuativa e proficua che, senza gravare ulteriormente sulla finanza pubblica, acceleri il processo di risanamento destinando consistenti risorse oltre che all'aspetto edilizio, anche a quello sociale.
      Ma l'attenzione del legislatore deve essere rivolta, oltre che al risanamento del patrimonio esistente, anche al soddisfacimento della richiesta di nuovi alloggi da realizzare nelle grandi aree urbane e nelle zone ad alta tensione abitativa. Bisogna garantire, da una parte, il libero mercato degli affitti privati, e dall'altra, aumentare l'offerta di alloggi a canone moderato per calmierare il mercato e ricondurlo a valori sostenibili per le famiglie.
      Lo sforzo che deve essere fatto è quello della rapidità ed economicità delle realizzazioni ricorrendo a strumenti non convenzionali sia nella pianificazione urbanistica, sia per quanto riguarda gli espropri, sia nel reperire risorse aggiuntive legate a premi di cubatura o a strumenti di urbanistica contrattata. In definitiva è necessario varare un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica al quale siano associati strumenti operativi altrettanto straordinari.

La situazione alloggiativa.

      È un dato di fatto che gli alloggi popolari sono abitati solo in parte minoritaria da cittadini in stato di effettivo bisogno; il turn over per raggiungimento del reddito limite per la permanenza nell'alloggio popolare è minimo e ostacolato da disposizioni di legge troppo spesso facilmente aggirabili. È anche facilmente comprensibile come la resistenza a lasciare l'alloggio trovi motivazione nei canoni praticati dagli IACP che, anche nel caso di redditi elevati, sono comunque dalla metà a un terzo di quelli di mercato. Oltretutto il radicamento nel quartiere dove si è abitato per molti anni, dove esistono le scuole dei figli o dove si ha il lavoro, induce alla permanenza nell'alloggio popolare anche laddove potrebbero esserci i presupposti per l'acquisto della casa in cooperativa o in edilizia convenzionata. E dunque nasce il desiderio di vedere ulteriormente stabilizzata la permanenza nell'alloggio diventandone proprietari. Non deve peraltro essere sottovalutato che nel nostro Paese l'aspirazione a diventare proprietari dell'alloggio in cui si abita è molto forte ed attraversa trasversalmente tutti gli strati sociali.
      In una più generale strategia della gestione del patrimonio pubblico è preferibile consentire agli attuali occupanti di diventare proprietari piuttosto che cercare di liberare gli alloggi in favore di inquilini a più basso reddito. La cessione generalizzata degli alloggi, cessione e non regalo, può liberare risorse che non gravano sui conti pubblici consentendo di avere la disponibilità di alloggi per i meno abbienti più rapidamente e in modo meno conflittuale che tentando di togliere la casa popolare a coloro che non ne hanno più bisogno.

La situazione finanziaria.

      Il cammino dell'attività edilizia percorso dagli IACP è stato accompagnato nel tempo da un susseguirsi di provvedimenti finanziari che hanno reso possibile la creazione del patrimonio attuale. Dalle prime forme di autofinanziamento filantropico (i primi istituti erano delle società per azioni partecipate da enti e imprese che finanziavano la realizzazione di alloggi per i propri dipendenti) sono state attuate diverse forme di finanziamento, fino ad arrivare all'idea del totale sovvenzionamento pubblico. Si è passati dai fondi di rotazione per l'agevolazione dei mutui fino al contributo in conto capitale; valgano per tutti due nomi che hanno dato l'alloggio a centinaia di migliaia di italiani: INA Casa e Gescal.
      Proprio la ritenuta Gescal, attuata sulla busta paga dei lavoratori dipendenti, ha consentito di realizzare un fondo di solidarietà a favore dei lavoratori meno fortunati per la realizzazione degli alloggi da concedere a basso canone. Al momento dell'abolizione della ritenuta, avvenuta nel 1998, il gettito annuale era di circa 5.000

 

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miliardi di vecchie lire che venivano in gran parte destinate all'edilizia sovvenzionata.
      L'abolizione della ritenuta e il trasferimento delle competenze alle regioni ha creato una situazione di strozzatura nel flusso dei finanziamenti verso l'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e in molte regioni questi flussi finanziari si sono interrotti. Per sopperire alla carenza di fondi lo sforzo è stato quello di percorrere vie finanziarie alternative utilizzando strumenti di parziale copertura in conto capitale (alloggi in locazione permanente o per otto anni) o di agevolazione del credito.
      In questo quadro si è potuto dare respiro al mondo della cooperazione edilizia e dell'edilizia convenzionata delle imprese lasciando in disparte l'edilizia sovvenzionata. Per colmare questo divario bisogna ricorrere a fonti di finanziamento alternative e la cessione degli alloggi appare la strada più semplice e immediata per raggiungere gli scopi sopra esposti.

I piani vendita.

      La legge 24 dicembre 1993, n. 560, ha riaperto per gli IACP la possibilità di cessione degli alloggi agli inquilini in possesso di particolari requisiti. Lo scopo della legge è stato quello di andare incontro all'aspirazione di abitare in una casa di proprietà e nel contempo dotare gli IACP di risorse da dedicare alle nuove edificazioni o ai recuperi. L'attuazione dei piani di vendita si è protratta nel tempo non senza difficoltà operative che sono riconducibili alle seguenti situazioni: 1) il prezzo di vendita è legato alla rendita catastale e non sempre il patrimonio IACP è catastalmente aggiornato; 2) molti IACP hanno problemi di anagrafe dell'utenza con difficoltà operative nell'individuare gli effettivi occupanti degli alloggi; 3) la situazione giuridica delle aree, concesse in regime di diritto di superficie dai comuni, non consente la stipula degli atti di cessione mancando le convenzioni con i comuni stessi per la cessione del diritto di superficie; 4) molti inquilini non possono acquistare l'alloggio per mancanza di strumenti finanziari adeguati alla loro particolare situazione economica; 5) spesso i canoni di locazione eccessivamente bassi inducono a rimandare l'acquisto.
      Inoltre la frammentazione delle vendite ha creato ulteriori problemi agli IACP, dal momento che i fabbricati dove non si è realizzata la vendita di tutti gli alloggi (e sono la quasi totalità) si sono trasformati in condomini, relegando l'istituto al ruolo di condomino, spesso di minoranza, con immaginabili conseguenze sul piano organizzativo e gestionale.
      Altro problema è nato nell'aspettativa dei flussi finanziari dovuti alle vendite. La possibilità offerta all'inquilino di usufruire di una dilazione diretta da parte degli IACP (acconto del 30 per cento e rate mensili fino a quindici anni al tasso legale fisso) priva immediatamente l'istituto del patrimonio ma non gli restituisce risorse fresche da reimpiegare.

I piani di reinvestimento.

      Grandi difficoltà si riscontrano anche nel reimpiego delle somme. È notoria la difficoltà del reperimento delle aree per la nuova edificazione da parte dei comuni. I piani previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, incontrano iter burocratici valutabili quasi sempre in anni, con la conseguenza che le somme disponibili per il reinvestimento non sono utilizzate con la celerità che le necessità abitative richiederebbero. I costi degli espropri e delle urbanizzazioni riducono fortemente le risorse da destinare all'effettiva edificazione. È da queste considerazioni che discende la necessità di uno sforzo legislativo teso a semplificare quanto più possibile il reperimento di nuove aree con strumenti semplici, che consentano ai comuni di consegnare i lotti alle imprese e agli IACP senza duplicazioni di autorizzazioni e lungaggini burocratiche. L'emergenza abitativa riveste ormai il carattere della straordinarietà e a questa bisogna rispondere con strumenti straordinari. Costruire rapidamente significa regole nuove per i piani urbanistici con la possibilità di: ubicare i programmi

 

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costruttivi anche in zona agricola con piani semplicemente adottati; semplificare gli espropri concedendo al proprietario cubature residenziali libere in pagamento dell'area; prevedere nei piani cubature residenziali e direzionali da cedere alle imprese in cambio della realizzazione di alloggi in locazione agevolata o da cedere agli IACP. Inoltre si deve consentire che le risorse liberate dalla cessione degli alloggi e disponibili presso gli IACP possano essere utilizzate da società miste costituite da imprese, cooperative e IACP, alle quali sia demandato il compito operativo di progettare e costruire i nuovi quartieri. Agli IACP deve rimanere la programmazione e il controllo della qualità progettuale e realizzativa liberando gli uffici da compiti imprenditoriali. Nella costituzione delle società di capitali miste possono svolgere un ruolo fondamentale le associazioni degli imprenditori e del mondo della cooperazione, che possono diventare i partner di interfaccia e di garanzia nei confronti degli IACP. È ipotizzabile che le società miste possano essere costituite con le stesse associazioni di categoria che, con il loro ruolo istituzionale di mediazione tra gli scopi dell'ente pubblico e gli interessi delle imprese, fornirebbero un contributo fondamentale nello snellimento delle procedure e nella mai troppo auspicata riduzione della litigiosità in fase di realizzazione delle opere. È d'altro canto noto come il processo di realizzazione dell'edilizia abitativa sia caratterizzato dall'attività di imprese di media e piccola dimensione che possono trovare nell'ambito delle associazioni il punto di raccordo con i gestori dell'edilizia pubblica costituendo anche consorzi stabili operativi.

Il canone di locazione.

      L'attuale formulazione dei canoni di locazione prevede sostanzialmente un canone di riferimento pari all'«equo canone» come definito dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 (ogni regione ha poi legiferato in materia in forma autonoma), con percentuali di riduzione del canone crescenti con il diminuire del reddito dichiarato. I canoni sociali sono di pochi euro al mese (7,74 nella regione Lazio). L'assegnatario autocertifica i redditi del proprio nucleo familiare sulla base delle dichiarazioni rese al fisco e gli enti gestori effettuano le relative verifiche a campione. Questo sistema ha il difetto di accomunare nella stessa logica le situazioni di vero bisogno a quelle di relativo benessere per le quali non è giustificata l'agevolazione da parte della comunità. È necessario modificare i sistemi di determinazione del canone e soprattutto di verifica delle situazioni di effettivo bisogno non limitandosi al solo controllo delle dichiarazioni rese al fisco.
      I canoni praticati dagli IACP devono essere ricondotti a una logica di mercato per gli assegnatari che dispongono di un reddito elevato e che non giustificherebbe la permanenza nell'alloggio popolare; parimenti bisogna dotarsi degli strumenti adatti per individuare le situazioni di effettivo bisogno per le quali consentire l'accesso all'assistenza abitativa con canoni bassissimi. I canoni di assistenza abitativa saranno determinati dalle regioni in relazione alle specifiche realtà locali.
      In linea di principio appare equo riferirsi a un canone base pari a quello stabilito dai comuni e dalle associazioni degli inquilini e dei proprietari ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni. Il canone base così definito deve essere poi decurtato sulla base delle situazioni di minor reddito, ma fino al massimo del 50 per cento. Oltre questa soglia, per venire incontro alle situazioni di accertato bisogno, il canone è integrato dai comuni che si avvalgono dell'opera dei propri servizi sociali.
      Questa riforma del canone consente, da una parte, di dotare gli IACP di un adeguato gettito che garantisca al minimo per ogni alloggio locato il 50 per cento del canone di riferimento (che come detto è pari a quello stabilito ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della citata legge n. 431 del 1998) e, dall'altra, di monitorare con continuità le condizioni di effettivo bisogno

 

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consentendo le agevolazioni di canone solo agli inquilini effettivamente bisognosi, la cui situazione reddituale deve essere accertata dai servizi sociali dei comuni con la collaborazione anche degli organi preposti al controllo e alla verifica delle situazioni non solo reddituali ma anche patrimoniali. L'agevolazione deve essere concessa solo dopo approfondite verifiche che garantiscano contro ogni forma di indebito abuso.
      Con la normalizzazione dei canoni è garantita agli enti gestori la possibilità di avanzi di bilancio da destinare alla manutenzione e a nuove realizzazioni; peraltro i nuovi canoni incentivano l'acquisto dell'alloggio e dunque la trasformazione edilizia.

L'obiettivo della legge.

      L'obiettivo che ci si pone con la presente proposta di legge è quello di una radicale trasformazione del patrimonio immobiliare degli IACP che consenta di giungere in tempi brevi a un rilancio dell'offerta di nuovi alloggi, al recupero dei fabbricati e dei quartieri degradati, alla cessione agli inquilini degli alloggi attualmente occupati, alla valorizzazione del ruolo degli IACP quali interlocutori nel risanamento dei quartieri e dei fabbricati degradati, alla riforma dei canoni di locazione per dare stabilità finanziaria agli IACP e garantire la possibilità della manutenzione.
      Dobbiamo dotarci di strumenti che consentano:

          a) uno snellimento delle procedure di alienazione;

          b) l'incentivazione all'acquisto e la rideterminazione dei prezzi di vendita;

          c) un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica;

          d) un nuova definizione economica dei rapporti tra inquilini ed enti proprietari.

Lo snellimento delle procedure di vendita degli alloggi.

      Il successo del piano di vendita è strettamente legato alla rapidità del suo espletamento. È necessario eliminare tutte le lungaggini burocratiche che rallentano o impediscono la stipula degli atti di trasferimento. La casistica è così sintetizzabile:

          a) le pratiche di istruttoria delle domande di acquisto sono spesso bloccate da una non adeguata classificazione catastale degli immobili (il prezzo di vendita è correlato alla rendita catastale). Accade che nel tempo sono cambiati i criteri di classamento ovvero che gli immobili che all'atto della costruzione erano in estrema periferia sono ora in posizioni semicentrali ma mantengono una classe catastale bassa. I prezzi di vendita, calcolati sulla base di estimi inadeguati, producono situazioni di disparità o di eccessivo vantaggio che sono intollerabili. Tutto il patrimonio in vendita deve essere riclassificato a cura dell'Agenzia del territorio con specifica disposizione legislativa che unifichi la categoria catastale e demandi agli uffici l'individuazione di classi adeguate alla posizione e alla qualità dell'immobile;

          b) molti enti gestori hanno una oggettiva difficoltà nella verifica dei requisiti dell'assegnatario richiedente. La cessione degli alloggi deve essere effettuata in relazione allo stato di fatto dell'occupazione determinando una sorta di sanatoria dell'assegnazione che consenta l'individuazione del nucleo familiare cui cedere l'alloggio. Le cause di decadenza, che non siano riconducibili all'occupazione abusiva, devono essere superate in favore della stabilizzazione dello stato di fatto;

          c) la cessione dell'alloggio deve essere resa possibile indipendentemente dalla situazione giuridica dell'area dove sorge il fabbricato, consentendo la trascrizione nei registri immobiliari anche in pendenza dell'esproprio definitivo o dell'atto di convenzionamento con i comuni ed esonerando espressamente i notai e i conservatori dei registri immobiliari.

 

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L'incentivazione all'acquisto e i prezzi di vendita.

      La politica della dismissione del patrimonio degli IACP si è fino ad oggi basata su una incentivazione del prezzo di cessione. Il prezzo di cessione è determinato sulla base della rendita catastale con riduzione per vetustà fino al 20 per cento. Complice un classamento degli immobili spesso inadeguato, risultano prezzi di cessione che sono attestati intorno a un decimo del prezzo di mercato della zona. Gli IACP provvedono inoltre a concedere rateizzazioni del prezzo con versamento immediato del 30 per cento e rate fino a quindici anni a tasso fisso legale.
      Nonostante questo solo il 30 per cento degli inquilini ritiene conveniente l'acquisto, dal momento che i canoni di locazione sono talmente bassi da essere inferiori alla probabile futura tassazione dell'immobile acquistato, ovvero perché anche in presenza di una ferma volontà all'acquisto non si dispone dei mezzi sufficienti per corrispondere l'anticipo. Ne discende il paradosso che la maggior parte dei beneficiari dell'acquisto sono i ceti con maggiori redditi (che quindi pagano canoni più elevati) che concludono buoni affari immobiliari a danno del patrimonio degli enti e con beffa dei ceti meno abbienti che sono esclusi dall'acquisto.
      La strada da percorrere è una diversa incentivazione all'acquisto basata non sull'abbattimento del prezzo ma sulla concessione di mutui agevolati trentennali che coprano l'intero importo di acquisto e le spese di trasferimento mettendo così tutti gli inquilini nella condizione di acquistare l'immobile con una piccola rata mensile, paragonabile all'attuale canone di locazione, e senza anticipo. In questo modo sono fatti salvi i diritti acquisiti dagli assegnatari, si consente ad ognuno di comprare l'alloggio, non si depauperano gli enti del loro patrimonio, si attivano maggiori risorse anche con l'intervento degli istituti di credito (oggi sostanzialmente esclusi dal mercato degli alloggi IACP) che sono chiamati a un ruolo di primo piano nel finanziamento del programma straordinario di ricostruzione, determinando così una sorta di cartolarizzazione dei crediti degli IACP.
      I prezzi di vendita devono continuare ad essere ancorati al valore catastale (come rettificato dall'Agenzia del territorio) ma non abbattuti in alcun modo, ritenendo che il valore catastale derivante da un adeguato classamento sia comunque circa un terzo del valore di mercato. In ogni caso il prezzo di cessione non deve essere inferiore al costo storico di costruzione.

Il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica.

      I proventi delle vendite finanziano un programma straordinario di intervento destinato in parte al risanamento dei quartieri popolari degradati e in parte alla nuova edificazione. Bisogna inoltre prevedere una quota da destinare non solo all'aspetto edilizio ma anche a quello sociale investendo, attraverso i servizi sociali, in qualità della vita.
      Il programma straordinario di nuova costruzione è accompagnato da misure straordinarie che possono prevedere gli strumenti tipici dell'edilizia contrattata.
      L'emergenza abitativa impone l'adozione di procedure che abbattano i tempi della burocrazia sia nell'affidamento degli incarichi di progettazione che nell'appalto delle opere.

I nuovi canoni di locazione.

      L'occasione della vendita generalizzata del patrimonio IACP in locazione è la più propizia per la ridefinizione dei rapporti economici con gli inquilini e in particolare per individuare nuove regole per i canoni di locazione. La cessione degli alloggi agli attuali inquilini ne salvaguarda tutti i diritti acquisiti e la nuova formulazione dei canoni andrà ad interessare sostanzialmente solo i nuovi utenti. Nello stesso tempo costituirà, come detto, un incentivo all'acquisto.
      La formulazione dei nuovi canoni vuole risolvere il divario attualmente esistente tra i canoni di mercato e quelli agevolati

 

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dell'edilizia pubblica senza perdere di vista la missione affidata agli IACP che è quella della difesa delle fasce più deboli.
      L'«equo canone» quale canone base per il calcolo del corrispettivo della locazione è ormai obsoleto, macchinoso, lontano dalle oggettive realtà del mercato delle locazione. Il meccanismo matematico che lo contraddistingue non tiene sufficientemente conto di realtà locali ed è troppo spesso insufficiente.
      Adottare come canone base quello definito ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 2 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, da comuni, sindacati degli inquilini e associazioni dei proprietari garantisce al contempo una totale aderenza alle realtà locali, la partecipazione delle parti interessate con la mediazione dei comuni, la garanzia di una costante osservazione dell'andamento del mercato delle locazioni. Il canone base così determinato rappresenta per gli enti gestori una fonte di entrata atta a garantire l'equilibrio economico, la possibilità di effettuare manutenzioni al patrimonio e il volano per nuove realizzazioni.
      Per assicurare l'equità sociale il canone base deve essere ridotto in funzione del reddito con meccanismi che saranno individuati dalle regioni per tenere conto delle realtà locali e per specifica competenza a legiferare. Tuttavia la direttiva generale è quella di non consentire riduzioni superiori al 50 per cento per garantire un livello dei canoni compatibile con le esigenze di bilancio degli IACP e le loro finalità istituzionali. Le riduzioni del canone devono comunque essere ancorate alle dichiarazioni dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), come già in uso in molte regioni, per poter individuare con buona ragionevolezza la scala del bisogno.
      Per i redditi più bassi, per i quali è necessario ricorrere all'assistenza abitativa, l'integrazione del canone tra il limite minino dovuto, individuato nel 50 per cento del canone base, e il canone stabilito dalla regione per l'assistenza abitativa, è fatta dal comune tramite i servizi sociali sulla base di accurati accertamenti dello stato di bisogno. Coloro che intendono usufruire dell'assistenza abitativa autorizzano il comune a eseguire tutti gli accertamenti necessari avvalendosi oltre che dei propri organi di vigilanza anche del Corpo della guardia di finanza.
      Per sostenere i comuni nell'integrazione del canone, gli IACP costituiscono un fondo di solidarietà nel quale confluisce il 20 per cento del monte canoni annuale. Il fondo è ripartito tra i comuni di competenza territoriale in base al numero degli alloggi.
      Il meccanismo di determinazione del canone proposto ha il vantaggio di trattare separatamente i casi di effettivo bisogno da quelli di normale agevolazione, potendo dunque individuare pochi casi ai quali concedere il maggiore beneficio solo avendo acquisito la certezza del vero bisogno. È facilmente verificabile che le situazioni di bisogno non eccedono il 10-15 per cento dell'attuale situazione locativa degli IACP.

Conclusioni.

      La presente proposta di legge ha l'obiettivo di rilanciare l'edilizia residenziale pubblica attraverso tre direttrici fondamentali:

          1) rilancio dei piani di vendita con snellimento delle procedure e cessione generalizzata del patrimonio;

          2) programmi straordinari di reinvestimento mirati al recupero edilizio e sociale dei quartieri esistenti e alla nuova edificazione;

          3) riforma del canone di locazione con netta distinzione tra canoni correnti e canoni di assistenza abitativa.

 

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